MANDRAGOLA di Niccolò Machiavelli
Dal 29 Novembre al 15 Dicembre 2024
TEATRO ARCOBALENO- ROMA
𝗗𝗮𝗹 𝟮𝟵 𝗡𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝗮𝗹 𝟭𝟱 𝗗𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟰
𝗧𝗘𝗔𝗧𝗥𝗢 𝗔𝗥𝗖𝗢𝗕𝗔𝗟𝗘𝗡𝗢- 𝗥𝗢𝗠𝗔
Via Francesco Redi, 1/A
𝐀c𝐪u𝐢s𝐭a o𝐧l𝐢n𝐞 https://www.liveticket.it/opera.aspx?Id=523478
Venerdì e Sabato ore 21,00
Domenica ore 17,30
Info e prenotazioni
𝟬𝟲 𝟰𝟰𝟮𝟰 𝟴𝟭𝟱𝟰
info@teatroarcobaleno.it
Una produzione C.T.M. CENTRO TEATRALE MERIDIONALE
𝗟𝗔 𝗠𝗔𝗡𝗗𝗥𝗔𝗚𝗢𝗟𝗔
𝐝𝐢 𝐍𝐢𝐜𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐌𝐚𝐜𝐡𝐢𝐚𝐯𝐞𝐥𝐥𝐢
adattamento e regia
𝐍𝐢𝐜𝐚𝐬𝐢𝐨 𝐀𝐧𝐳𝐞𝐥𝐦𝐨
con 𝐃𝐨𝐦𝐞𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐏𝐚𝐧𝐭𝐚𝐧𝐨
e con 𝐀𝐧𝐧𝐚 𝐋𝐢𝐬𝐚 𝐀𝐦𝐨𝐝𝐢𝐨, 𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐢𝐨 𝐁𝐚𝐧𝐝𝐢𝐞𝐫𝐚, 𝐂𝐡𝐢𝐚𝐫𝐚 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐚𝐠𝐚𝐥𝐥𝐨, 𝐋𝐚𝐮𝐫𝐚 𝐆𝐚𝐫𝐨𝐟𝐨𝐥𝐢, 𝐍𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨̀ 𝐆𝐢𝐚𝐜𝐚𝐥𝐨𝐧𝐞, 𝐌𝐚𝐭𝐭𝐞𝐨 𝐌𝐮𝐧𝐚𝐫𝐢.
scene 𝐆𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐍𝐚𝐫𝐝𝐢
costumi 𝐒𝐮𝐬𝐚𝐧𝐧𝐚 𝐏𝐫𝐨𝐢𝐞𝐭𝐭𝐢
sartoria 𝐏𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐒𝐚𝐫𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐀𝐫𝐭𝐢𝐠𝐢𝐚𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐈𝐥𝐚𝐫𝐢𝐚 𝐁𝐮𝐜𝐜𝐞𝐥𝐥𝐚
musiche originali 𝐆𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐙𝐚𝐩𝐩𝐚𝐥𝐨𝐫𝐭𝐨
movimenti coreografici 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐚𝐫𝐚 𝐂𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐭𝐨
assistente alla regia 𝐌𝐚𝐭𝐭𝐞𝐨 𝐁𝐨𝐬𝐬𝐨𝐥𝐞𝐭𝐭𝐢
grafica 𝐓𝐡𝐨𝐦𝐚𝐬 𝐁𝐚𝐭𝐭𝐢𝐬𝐭𝐚
organizzazione 𝐑𝐨𝐬𝐬𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐂𝐨𝐦𝐩𝐚𝐭𝐚𝐧𝐠𝐞𝐥𝐨
Produzione 𝗖𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗧𝗲𝗮𝘁𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗠𝗲𝗿𝗶𝗱𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲
Capolavoro del teatro del Cinquecento, un classico della drammaturgia italiana e una potente satira sulla corruttibilità della società italiana dell’epoca.
Un’epoca quella del 1518, data di composizione della Mandragola, in cui si vendevano le indulgenze per acquisire il regno dei cieli e l’eternità beata, in cui era nel vivo la contrapposizione di Lutero e della sua controriforma (1517) alla chiesa cattolica, in cui il potere mediceo di Papa Leone imperava su Firenze e infine, era viva e preoccupante la minaccia di un’invasione turca.
La Mandragola infatti, seppur sotto le sembianze di un’ilare commedia, svolge un ruolo di denuncia nei confronti della perdita totale di morale della società del tempo, mette in discussione i valori familiari, inducendo nello spettatore un riso serio e quasi acre, che fa assai riflettere e critica la politica papale legando insieme Roma e Firenze.
La sua struttura drammaturgica prende a modello Plauto, Terenzio e la tradizione novellistica italiana (la trama stessa risente, infatti, della vicenda narrata nel “Decameron” di Giovanni Boccaccio nella sesta novella della terza giornata).
La Mandragola si sviluppa su due strutture intrecciate tra loro: una struttura amorosa (tipica della tradizione italiana del ‘200 dell’amore sacro e dell’amor profano, qui rappresentata da Callimaco innamorato della bella giovane Lucrezia moglie di Nicia,) e la struttura della beffa (vittima il vecchio Nicia, il marito ingannato, un borghese ossessionato dal desiderio di avere figli). Ma a differenza degli altri innamorati, Callimaco non effettua nessuna azione per raggiungere il suo obiettivo. Sarà il suo servo, il parassita di plautina memoria, Ligurio, ad organizzare l’inganno.
Una storia che offre un’immagine inetta e includente della realtà fiorentina e italiana. Accanto a questi personaggi che portano avanti le due strutture si trovano diversi personaggi: Lucrezia, colei che subisce la trama della beffa, ma che poi la farà sua e la sfrutterà lei stessa, Sostrata, la madre di Lucrezia che aiuta il frate a convincere la figlia, un po’ perché non è a conoscenza dell’inganno e un po’ forse anche per turpe compiacenza e, degno rappresentare di quelle “fraterie” così chiamate da papa Leone, Fra Timoteo il confessore di Lucrezia e colui che la persuaderà a concedersi a Callimaco.
Le dispute fratesche avevano molto risonanza, specialmente a Firenze, dove per un verso o per un altro, rimandavano con la memoria alla figura del Frate per antonomasia, il Savonarola. Proprio a Firenze l’eco della rivoluzione luterana era molto sentita e discussa. Non soltanto corrispondeva al rancore e al desiderio di rivalsa della fazione savonaroliana, ma sollecitava l’animosità anticuriale e antiromana.
La figura del frate, qui nella Mandragola, è di fondamentale importanza in una Firenze in cui spesso comparivano predicatori di castighi divini e di redenzione. Molti di loro falsi profeti si avvalevano del loro influsso sul popolo per estorcere denaro o per sedurre devote. Sono sempre i frati, quelli domenicani, usati da papa Leone a predicare le indulgenze e a vendere la salvezza eterna per ottenere i fondi alla Fabbrica di san Pietro.